Francesco mi guarda, ha le mani impiastrate di colore. «I’chicco unge… utta».
Unge sta per dipinge e non è male, utta per qualche oscura ragione è la grossa lavagna acquistata all’Ikea. Mi alzo e vado a vedere. L’intero foglio ha pennellate, che sono in verità colpi di dito, verdi. Gran belle sfumature e parti lasciate in bianco. Mi piace.
«Tutto verde, Francesco?» Mi guarda inclinando la testa, come se la domanda fosse di poco spessore. «Papà, unge…»
E mi avvicina il barattolo verde del didò che tiene fra le mani. Decido di fare qualcosa di innovativo. Stappo un nuovo barattolo, immergo il dito e traccio un grosso cerchio rosso fra tutto quel verde. Mi guarda con stupore. Con altro stupore guarda dentro il mio barattolino. E poi torna a guardare il foglio. Non mi pare convinto.
«Papà dipinge il sole rosso» dico divertito e gli sorrido. Comincio a fare partire i raggi da quel cerchio. Lui diventa sempre più nervoso. È come se ogni striscia di rosso s’andasse a disegnare anche sul suo viso. Mi fermo.
«Il sole rosso, Francesco! Bello!» «No! papà no! papà no!» mi urla contro. E poi si scatena.
Si butta in un angolo della stanza, fra la porta e la libreria. Imbronciatissimo. L’ho fatta grossa.
Mi avvicino, non so perché lo faccio. Prendo una delle sue manine cariche di verde e me la passo sul naso. Gli torna il sorriso.
«I’chicco unge… papà! …i’chicco, unge papà!», eccitatissimo. Lui intinge ancora le sue dita e finisce in qualche luogo dello spazio, uno spazio pieno di gioia – una meraviglia – mentre io, un colpo dopo l’altro, divento un marziano.
Ditate di verde finiscono anche sulla porta e sulla parete azzurrina della libreria. Quando entra, Iole ci fissa incerta. Conosco il suo pensiero: lui è down, ma tu?